Durante il Caminetto del 2 settembre 2014, presso la nostra sede, si è tenuta una relazione del nostro socio Dott. Nazzareno Santoni. Il tema verteva su una dei libri più brevi e più controversi della Bibbia: il libro di Qohelet o Ecclesiaste.

La motivazione che ha spinto il relatore a scegliere questo tema è la riflessione sui comportamenti dell’umanità in passato ed al presente. Non per’altro si è scritto ”umanità” senza la “u” maiscola!

L’Autore sente un profondo sconcerto di fronte agli ultimi eventi in Europa e in Medioriente. Dice dunque Qohelet: La stragrande maggioranza delle persone oggi afferma di credere in Dio, eppure vive come se Dio non esistesse: ripudia, cioè, l’ateismo teorico, ma non quello pratico. Da dove potrà venire la salvezza? Dal danaro? ”Chi ama il danaro mai si sazia di danaro e chi ama la ricchezza non ne trae profitto”. Anche questo è vanità. Tentazione del denaro è l’avarizia e l’avidità. Inoltre il ricco quando muore, ”dalle sue fatiche non ricaverà nulla da portare con sé”.

 

Forse che la salvezza può venire dalla politica? No davvero! La politica per Qohelet, è una grande menzogna: si presenta agli uomini ammantata di alte idealità, ma nella sostanza si riduce a vile giuoco di potere, a sistema di sopraffazione in cui l’autorità superiore sfrutta quella inferiore e questa a sua volta opprime il popolo.

Questo mostro che è la politica si nutre altresì dell’idealismo degli ingenui, ragion per cui Qohelet mette in guardia gli sprovveduti dall’andare appresso ai sogni, perché ”da molti sogni provengono molte delusioni e molte parole”. Occorre infine star molto attenti alle lusinghe dei giovani, che si affacciano sulla scena politica, facendosi portatori di cambiamento e di novità. Questi, ammonisce Qohelet, una volta al potere si comporteranno come o, addirittura peggio dei loro predecessori. Nella sua radicale antipolitica Qohelet è più moderno di quanto  avremmo potuto immaginare.

Cosa rimane allora all’uomo, dove riporrà la sua speranza? Quale ragione per vivere?
La risposta sembra essere: l’Uomo deve cercare il senso globale della vita, allo scopo di scoprire quale sia il compito dell’individuo di fronte al suo destino. La conclusione è che l’uomo deve riconoscere umilmente il suo posto nel mondo e di fronte a Dio accogliendo quel che di buono la vita gli offre, come un dono di Dio, nel momento presente. Vita come benedizione di Dio!

Queste parole sono presentate ai credenti dalla religione ebraica prima e cristiana poi, come parola di Dio.

La canonicità dell’Ecclesiaste, a differenza di altri testi biblici, non è stata mai messa in discussione, né dagli ebrei né dai cristiani. Per la Bibbia, infatti, la parola divina si incarna e si esprime attraverso la storia e l’esistenza. Essa acquista anche rivestimenti miseri, può farsi domanda, supplica, persino imprecazione (Giobbe) e dubbio (Qohelet). Si vuole così affermare che nella stessa crisi dell’uomo e nel silenzio di Dio, si può nascondere una parola, una presenza, un’epifania segreta divina.

Sicuramente gli insegnamenti di Qohelet rappresentano uno stimolo a porci delle domande ”vere”, a coltivare una fede profonda, che non si accontenta di risposte facili e dal sapore consolatorio.
Ma c’è di più: l’analisi impietosa condotta da Qohelet si pone in più punti in antitesi alla sapienza classica di Israele, evidenziandone i limiti e le contraddizioni.

La varietà delle riflessioni che caratterizzano il libro, che vanno dal pessimismo, all’ottimismo quasi sorridente, hanno fatto pensare che il libro sia stato frutto di almeno tre autori diversi per carattere e formazione: il pessimista, il pio ed il saggio.

Le apparenti contraddizioni non sono generate da diversi autori, ma sono l’immagine della vita che è in sé stessa contraddittoria. Il libro di Qohelet è dunque lo specchio della vita umana.
Oggi che il profitto è considerato il valore dominante, la scienza la soluzione dei problemi, Qohelet ricorda che la vita è nelle mani di Dio, e nessuna cosa può prendere il suo posto.

Apprezzando le gioie umane, non possiamo dimenticare che la felicità è un dono. Ribadendo che tutto è un soffio, avverte che nulla di quanto ci appare importante è duraturo: tanto meno la vita basata sul guadagno!